Comunicato stampa
Rifondazione per la sinistra parteciperà alla manifestazione di Assisi del 17 gennaio "Non si può rimanere a guardare" contro i massacri a Gaza. Rifondazione per la sinistra non considera questo appuntamento in alternativa alla manifestazione che nello stesso giorno e sullo stesso problema si svolgerà a Roma alla quale ci sarà quindi una nostra presenza. Fa sue le parole di quanti operano perché tra le due manifestazioni si stabilisca un ponte di condivisione e di dialogo teso a far vivere un reale percorso di pace. Con tutti, anche noi esprimiamo il nostro sdegno e il nostro dolore per il sangue innocente versato in primo luogo a causa delle scelte e delle strategie politiche del governo israeliano. Chiediamo l'immediata fine del massacro di civili e di ogni altra forma di rappresaglia. L'Italia e l'Europa rompano il colpevole silenzio e l'inerzia che ne ha contraddistinto fino ad oggi l'atteggiamento di fronte alla tragedia della popolazione di Gaza, si facciano protagoniste di un'iniziativa politico-istituzionali che interrompa l'escalation di violenza e ricostruisca nel più breve tempo possibile, nonostante tutto, le condizioni per cercare di nuovo una soluzione di pace e di convivenza tra i due popoli. Riprovare a percorrere la via della giustizia per il popolo palestinese, che non ha Stato e soffre di una insostenibile condizione di disparità nei rapporti con Israele; la via di una diplomazia sopra le parti, quella che non cede ai ricatti e alle convenienze della ragion di stato, affinché la violenza cieca delle armi non alimenti a dismisura l'odio reciproco e gli opposti fondamentalismi. E la via della pace perché non siano distrutte per sempre le condizioni di convivenza nello stesso spicchio di mondo dei due popoli e il diritto alla sicurezza da una parte e dall'altra non produca altri insormontabili muri ma sia frutto della solidarietà e del riconoscimento reciproco.
L'Europa non guardi altrove, si faccia parte terza, con l'Onu, con i Paesi arabi disponibili, con quanti hanno o potranno avere a cuore l'unica prospettiva risolutiva per il Medio Oriente, per la Palestina, per Israele: due popoli, due Stati, una pace, una libertà, un futuro.
Intanto subito un cessate il fuoco affinché sia posta fine ai massacri, cessi l'occupazione israeliana della striscia e l'Onu invii una forza di aiuto alla popolazione civile e di interposizione.
giovedì 15 gennaio 2009
lunedì 12 gennaio 2009
Comunicato stampa - Pace in Palestina
"E' tempo di rompere il silenzio assordante dell'Italia; se non vogliamo essere complici della guerra dobbiamo fare l'impossibile per fermarla e impegnarci a costruire la pace.
Quanti bambini, quante donne, quanti innocenti dovranno essere ancora uccisi prima che qualcuno decida di intervenire e di fermare questo massacro? Quanti morti ci dovranno essere ancora prima che qualcuno abbia il coraggio di dire basta?"
Come non concordare con le affermazione dei rappresentanti della Tavola della Pace!
Dal 27 dicembre Gaza è martoriata dalle bombe dell'aviazione israeliana e dagli attacchi di terra dell'esercito dello stesso Paese. Dopo 15 giorni di bombardamenti incessanti ed azioni militari di terra, il bilancio è drammatico: più di 800 persone uccise, di cui oltre 220 bambini, oltre a 3 mila feriti.
Questo massacro di civili inermi viola i principi del diritto internazionale e pregiudica ogni speranza di pace in una terra già segnata da decenni di conflitti e di fatto rafforza Hamas ed il suo estremismo.
Per questo chiederò al Consiglio e a tutta l'Amministrazione, nella prossima riunione cittadina, di aderire all'iniziativa del 17 gennaio prossimo ad Assisi per la pace in Medio Oriente in nome dei diritti umani e della legalità internazionale.
Ad Assisi si chiederà ancora una volta la fine dei combattimenti, si approfondirà il confronto sulle proposte per uscire da questa tragedia e si deciderà un piano di azioni comuni da realizzare nelle nostre città e a livello nazionale.
Anche il Comune di Narni, coerentemente alla tradizione cittadina di impegno per la pace, è chiamato a dare il proprio contributo per la pace in Palestina e in tutto il medio oriente e non potrà mancare all'appuntamento di Assisi.
Alfonso Morelli - Capogruppo PRC-SE
L'appello per la manifestazione del 17 gennaio ad Assisi è promosso da "Dobbiamo fare la nostra scelta" ovvero Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la pace e i diritti umani, Acli, Agesci, Arci, Articolo 21, Cgil, Pax Christi, Libera - Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie, Legambiente, Associazione delle Ong italiane, Beati i Costruttori di pace, Emmaus Italia, CNCA, Gruppo Abele, Cipsi, Banca Etica, Volontari nel Mondo Focsiv, Centro per la pace Forlì/Cesena, Lega per i diritti e la liberazione dei popoli (come prime prime adesioni).
Quanti bambini, quante donne, quanti innocenti dovranno essere ancora uccisi prima che qualcuno decida di intervenire e di fermare questo massacro? Quanti morti ci dovranno essere ancora prima che qualcuno abbia il coraggio di dire basta?"
Come non concordare con le affermazione dei rappresentanti della Tavola della Pace!
Dal 27 dicembre Gaza è martoriata dalle bombe dell'aviazione israeliana e dagli attacchi di terra dell'esercito dello stesso Paese. Dopo 15 giorni di bombardamenti incessanti ed azioni militari di terra, il bilancio è drammatico: più di 800 persone uccise, di cui oltre 220 bambini, oltre a 3 mila feriti.
Questo massacro di civili inermi viola i principi del diritto internazionale e pregiudica ogni speranza di pace in una terra già segnata da decenni di conflitti e di fatto rafforza Hamas ed il suo estremismo.
Per questo chiederò al Consiglio e a tutta l'Amministrazione, nella prossima riunione cittadina, di aderire all'iniziativa del 17 gennaio prossimo ad Assisi per la pace in Medio Oriente in nome dei diritti umani e della legalità internazionale.
Ad Assisi si chiederà ancora una volta la fine dei combattimenti, si approfondirà il confronto sulle proposte per uscire da questa tragedia e si deciderà un piano di azioni comuni da realizzare nelle nostre città e a livello nazionale.
Anche il Comune di Narni, coerentemente alla tradizione cittadina di impegno per la pace, è chiamato a dare il proprio contributo per la pace in Palestina e in tutto il medio oriente e non potrà mancare all'appuntamento di Assisi.
Alfonso Morelli - Capogruppo PRC-SE
L'appello per la manifestazione del 17 gennaio ad Assisi è promosso da "Dobbiamo fare la nostra scelta" ovvero Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la pace e i diritti umani, Acli, Agesci, Arci, Articolo 21, Cgil, Pax Christi, Libera - Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie, Legambiente, Associazione delle Ong italiane, Beati i Costruttori di pace, Emmaus Italia, CNCA, Gruppo Abele, Cipsi, Banca Etica, Volontari nel Mondo Focsiv, Centro per la pace Forlì/Cesena, Lega per i diritti e la liberazione dei popoli (come prime prime adesioni).
domenica 11 gennaio 2009
Appello Palestina - Tutti ad Assisi il 17 gennaio
Fermare la guerra a Gaza non è un obiettivo impossibile.
Sabato 17 gennaio 2009
ore 10.00
Incontriamoci ad Assisi
per la pace in Medio Oriente
in nome dei diritti umani e della legalità internazionale, gridiamo insieme:
“Fermatevi! Fermiamola!”
Quanti bambini, quante donne, quanti innocenti dovranno essere ancora uccisi prima che qualcuno decida di intervenire e di fermare questo massacro? Quanti morti ci dovranno essere ancora prima che qualcuno abbia il coraggio di dire basta?
La guerra deve essere fermata ora. Non c’è più tempo per la vecchia politica, per la retorica, per gli appelli vuoti e inconcludenti. E’ venuto il tempo di un impegno forte, autorevole e coraggioso dell’Italia, della comunità internazionale e di tutti i costruttori di pace per mettere definitivamente fine a questa e a tutte le altre guerre del Medio Oriente. Senza dimenticare il resto del mondo.
Giovani, donne, uomini, gruppi, associazioni, sindacati, enti locali, media, scuole, parrocchie, chiese, forze politiche: “a ciascuno di fare qualcosa!“
“Non ci sarà pace nel mondo finchè non regnerà in quelle terre piena pace.
E tutti gli sforzi di pace in quelle terre avranno una ripercussione straordinaria
sul pianeta intero.” Card. Carlo Maria Martini
I promotori dell’Appello “Dobbiamo fare la nostra scelta”
Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la pace e i diritti umani, Acli, Agesci, Arci, Articolo 21, Cgil, Pax Christi, Libera - Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie, Legambiente, Associazione delle Ong italiane, Beati i Costruttori di pace, Emmaus Italia, CNCA, Gruppo Abele, Cipsi, Banca Etica, Volontari nel Mondo Focsiv, Centro per la pace Forlì/Cesena, Lega per i diritti e la liberazione dei popoli (prime adesioni)
Perugia, 7 gennaio 2009
Per adesioni e informazioni:
Tavola della Pace, via della viola 1 (06100) Perugia Tel. 075/5736890 - fax 075/5739337 - e mail: segreteria@perlapace.it - www.perlapace.it
Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani,
via della Viola 1 (06100) Perugia - tel. 075/5722479 - fax 075/5721234
email: info@entilocalipace.it – www.entilocalipace.it
Sabato 17 gennaio 2009
ore 10.00
Incontriamoci ad Assisi
per la pace in Medio Oriente
in nome dei diritti umani e della legalità internazionale, gridiamo insieme:
“Fermatevi! Fermiamola!”
Quanti bambini, quante donne, quanti innocenti dovranno essere ancora uccisi prima che qualcuno decida di intervenire e di fermare questo massacro? Quanti morti ci dovranno essere ancora prima che qualcuno abbia il coraggio di dire basta?
La guerra deve essere fermata ora. Non c’è più tempo per la vecchia politica, per la retorica, per gli appelli vuoti e inconcludenti. E’ venuto il tempo di un impegno forte, autorevole e coraggioso dell’Italia, della comunità internazionale e di tutti i costruttori di pace per mettere definitivamente fine a questa e a tutte le altre guerre del Medio Oriente. Senza dimenticare il resto del mondo.
Giovani, donne, uomini, gruppi, associazioni, sindacati, enti locali, media, scuole, parrocchie, chiese, forze politiche: “a ciascuno di fare qualcosa!“
“Non ci sarà pace nel mondo finchè non regnerà in quelle terre piena pace.
E tutti gli sforzi di pace in quelle terre avranno una ripercussione straordinaria
sul pianeta intero.” Card. Carlo Maria Martini
I promotori dell’Appello “Dobbiamo fare la nostra scelta”
Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la pace e i diritti umani, Acli, Agesci, Arci, Articolo 21, Cgil, Pax Christi, Libera - Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie, Legambiente, Associazione delle Ong italiane, Beati i Costruttori di pace, Emmaus Italia, CNCA, Gruppo Abele, Cipsi, Banca Etica, Volontari nel Mondo Focsiv, Centro per la pace Forlì/Cesena, Lega per i diritti e la liberazione dei popoli (prime adesioni)
Perugia, 7 gennaio 2009
Per adesioni e informazioni:
Tavola della Pace, via della viola 1 (06100) Perugia Tel. 075/5736890 - fax 075/5739337 - e mail: segreteria@perlapace.it - www.perlapace.it
Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani,
via della Viola 1 (06100) Perugia - tel. 075/5722479 - fax 075/5721234
email: info@entilocalipace.it – www.entilocalipace.it
Quando si ammazza il futuro di un popolo si deve parlare di genocidio
La notte di capodanno era immersa nella neve e nel silenzio della montagna. A mezzanotte sono cominciati i botti. Tutta la valle
rieccheggiava di scoppi e il buio si colorava di rosso e di verde... A mio figlio e agli altri bambini piccoli quelli più vicini davano fastidio. S'impaurivano. Mi sono venuti in mente i bambini di Gaza e mi è passata la voglia di festeggiare. I bambini impazziscono di terrore sotto le bombe.
La percentuale di bambini vittime di questa invasione è altissima. E quando si ammazza il futuro di un popolo si deve parlare di genocidio.
La storia dei razzi kassam è solo una scusa ridicola con cui i bugiardi si sciacquano la bocca. Mi sono messo puntigliosamente a fare i conti. Tot morti israeliani e tot palesinesi... a 100 palestinesi contro 1 vittima israeliana ho smesso di perdere tempo a lambiccarmi il cervello.
Chi aggredisce chi?
I razzi kassam sono artigianali e seppure mortali dal punto di vista bellico sono ridicoli rispetto alle armi non convenzionali disinvoltamente usate dall'esercito israeliano. Il fosforo bianco impedisce ogni ulteriore intervento medico... I proiettili all'uranio impoverito dopo aver fatto il loro sporco lavoro continuano a seminare morte...
Chi aggredisce chi?
Gaza in tempo di pace è il buco del culo del mondo. Un luogo dove è quasi impossibile vivere. E' un vero e proprio inferno dove Hamas ha la maggioranza politica. A me non piace e non condivido la sua linea politica e le sue parole d'ordine dalla comoda poltrona del mio comodo studio di una città del nordest italiano. Ma se vivessi a Gaza e dovessi fare i conti quotidianamente con una vita priva di prospettive e il futuro negato del mio bambino forse sarei un militante attivo di quella organizzazione.
Se guardo al passato del popolo palestinese non posso che rabbrividire. Se guardo al futuro, non ne vedo.
Dietro a questa farsa della sicurezza c'è una strategia precisa e cioè di ridurre i palestinesi alla realtà dei nativi americani. Israele non crede e non ha mai creduto nella parola d'ordine: due popoli, due stati. Ne vuole uno solo. Il suo.
Un ebreo colto e saggio come Moni Ovadia sostiene che dietro il conflitto israelo-palestinese oggi ci sia il futuro del controllo delle risorse idriche dell'area. Ne sono certo anch'io. ma questo è il risiko dei potenti. Oggi Gaza è senza acqua e la gente soffre la sete. Una delle prime mosse degli israeliani è stata quella di mettere in crisi i servizi primari e il fatiscente sistema ospedaliero. Eppure loro sono i buoni.
Gaza, per noi, è qualcosa di più di un conflitto di bassa intensità al debutto del 2009: tutto sarà come prima o nulla sarà come prima. Dipende da come intendiamo percepire il nostro agire.
Massimo Carlotto
rieccheggiava di scoppi e il buio si colorava di rosso e di verde... A mio figlio e agli altri bambini piccoli quelli più vicini davano fastidio. S'impaurivano. Mi sono venuti in mente i bambini di Gaza e mi è passata la voglia di festeggiare. I bambini impazziscono di terrore sotto le bombe.
La percentuale di bambini vittime di questa invasione è altissima. E quando si ammazza il futuro di un popolo si deve parlare di genocidio.
La storia dei razzi kassam è solo una scusa ridicola con cui i bugiardi si sciacquano la bocca. Mi sono messo puntigliosamente a fare i conti. Tot morti israeliani e tot palesinesi... a 100 palestinesi contro 1 vittima israeliana ho smesso di perdere tempo a lambiccarmi il cervello.
Chi aggredisce chi?
I razzi kassam sono artigianali e seppure mortali dal punto di vista bellico sono ridicoli rispetto alle armi non convenzionali disinvoltamente usate dall'esercito israeliano. Il fosforo bianco impedisce ogni ulteriore intervento medico... I proiettili all'uranio impoverito dopo aver fatto il loro sporco lavoro continuano a seminare morte...
Chi aggredisce chi?
Gaza in tempo di pace è il buco del culo del mondo. Un luogo dove è quasi impossibile vivere. E' un vero e proprio inferno dove Hamas ha la maggioranza politica. A me non piace e non condivido la sua linea politica e le sue parole d'ordine dalla comoda poltrona del mio comodo studio di una città del nordest italiano. Ma se vivessi a Gaza e dovessi fare i conti quotidianamente con una vita priva di prospettive e il futuro negato del mio bambino forse sarei un militante attivo di quella organizzazione.
Se guardo al passato del popolo palestinese non posso che rabbrividire. Se guardo al futuro, non ne vedo.
Dietro a questa farsa della sicurezza c'è una strategia precisa e cioè di ridurre i palestinesi alla realtà dei nativi americani. Israele non crede e non ha mai creduto nella parola d'ordine: due popoli, due stati. Ne vuole uno solo. Il suo.
Un ebreo colto e saggio come Moni Ovadia sostiene che dietro il conflitto israelo-palestinese oggi ci sia il futuro del controllo delle risorse idriche dell'area. Ne sono certo anch'io. ma questo è il risiko dei potenti. Oggi Gaza è senza acqua e la gente soffre la sete. Una delle prime mosse degli israeliani è stata quella di mettere in crisi i servizi primari e il fatiscente sistema ospedaliero. Eppure loro sono i buoni.
Gaza, per noi, è qualcosa di più di un conflitto di bassa intensità al debutto del 2009: tutto sarà come prima o nulla sarà come prima. Dipende da come intendiamo percepire il nostro agire.
Massimo Carlotto
sabato 3 gennaio 2009
Lettera di Mustafa Barghouthi (Parlamentare palestinese, leader del partito di sinistra Mubadara (L'Iniziativa))
Ramallah, 27 dicembre 2008.
Leggerò domani, sui vostri giornali, che a Gaza è finita la tregua.
Non era un assedio dunque, ma una forma di pace, quel campo di concentramento falciato dalla fame e dalla sete.
E da cosa dipende la differenza tra la pace e la guerra? Dalla ragioneria dei morti?
I bambini consumati dalla malnutrizione, a quale conto si addebitano?
Chi muore perché manca l'elettricità in sala operatoria muore di guerra o di pace?
Si chiama pace quando mancano i missili - ma come si chiama, quando manca tutto il resto?
E leggerò sui vostri giornali, domani, che tutto questo è solo un attacco preventivo, solo legittimo, inviolabile diritto di autodifesa.
La quarta potenza militare al mondo, i suoi muscoli nucleari contro razzi di latta, e cartapesta e disperazione. E mi sarà precisato naturalmente, che no, questo non è un attacco contro i civili - e d'altra parte, ma come potrebbe mai esserlo, se tre uomini che chiacchierano di Palestina, qui all'angolo della strada, sono per le leggi israeliane un nucleo di resistenza, e dunque un gruppo illegale, una forza combattente? - se nei documenti ufficiali siamo marchiati come entità nemica, e senza più il minimo argine etico, il cancro di Israele?
Se l'obiettivo è sradicare Hamas - tutto questo rafforza Hamas. Arrivate a bordo dei caccia a esportare la retorica della democrazia, a bordo dei caccia tornate poi a strangolare l'esercizio della democrazia - ma quale altra opzione rimane? Non lasciate che vi esploda addosso improvvisa.
Non è il fondamentalismo, a essere bombardato in questo momento, ma tutto quello che qui si oppone al fondamentalismo. Tutto quello che a questa ferocia indistinta non restituisce gratuito un odio uguale e contrario, ma una parola scalza di dialogo, la lucidità di ragionare il coraggio di disertare - non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altra Palestina, terza e diversa, mentre schiva missili stretta tra la complicità di Fatah e la miopia di Hamas. Stava per assassinarmi per autodifesa, ho dovuto assassinarlo per autodifesa - la racconteranno così, un giorno i sopravvissuti.
E leggerò sui vostri giornali, domani, che è impossibile qualsiasi processo di pace, gli israeliani, purtroppo, non hanno qualcuno con cui parlare. E effettivamente - e ma come potrebbero mai averlo, trincerati dietro otto metri di cemento di Muro? E soprattutto - perché mai dovrebbero averlo, se la Road Map è solo l'ennesima arma di distrazione di massa per l'opinione pubblica internazionale? Quattro pagine in cui a noi per esempio, si chiede di fermare gli attacchi terroristici, e in cambio, si dice, Israele non intraprenderà alcuna azione che possa minare la fiducia tra le parti, come - testuale - gli attacchi contro i civili. Assassinare civili non mina la fiducia, mina il diritto, è un crimine di guerra non una questione di cortesia.
E se Annapolis è un processo di pace, mentre l'unica mappa che procede sono qui intanto le terre confiscate, gli ulivi spianati le case demolite, gli insediamenti allargati - perché allora non è processo di pace la proposta saudita? La fine dell'occupazione, in cambio del riconoscimento da parte di tutti gli stati arabi. Possiamo avere se non altro un segno di reazione?
Qualcuno, lì, per caso ascolta, dall'altro lato del Muro?
Ma sto qui a raccontarvi vento. Perché leggerò solo un rigo domani, sui vostri giornali e solo domani, poi leggerò solo, ancora, l'indifferenza.
Ed è solo questo che sento, mentre gli F16 sorvolano la mia solitudine, verso centinaia di danni collaterali che io conosco nome a nome, vita a vita - solo una vertigine di infinito abbandono e smarrimento. Europei, americani e anche gli arabi - perché dove è finita la sovranità egiziana, al varco di Rafah, la morale egiziana, al sigillo di Rafah? - siamo semplicemente soli. Sfilate qui, delegazione dopo delegazione - e parlando, avrebbe detto Garcia Lorca, le parole restano nell'aria, come sugheri sull'acqua. Offrite aiuti umanitari, ma non siamo mendicanti, vogliamo dignità libertà, frontiere aperte, non chiediamo favori, rivendichiamo diritti. E invece arrivate, indignati e partecipi, domandate cosa potete fare per noi. Una scuola?, una clinica forse? delle borse di studio? E tentiamo ogni volta di convincervi - no, non la generosa solidarietà, insegnava Bobbio, solo la severa giustizia - sanzioni, sanzioni contro Israele. Ma rispondete - e neutrali ogni volta, e dunque partecipi dello squilibrio, partigiani dei vincitori - no, sarebbe antisemita.
Ma chi è più antisemita, chi ha viziato Israele passo a passo per sessant'anni, fino a sfigurarlo nel paese più pericoloso al mondo per gli ebrei, o chi lo avverte che un Muro marca un ghetto da entrambi i lati?
Rileggere Hannah Arendt è forse antisemita, oggi che siamo noi palestinesi la sua schiuma della terra, è antisemita tornare a illuminare le sue pagine sul potere e la violenza, sull'ultima razza soggetta al colonialismo britannico, che sarebbero stati infine gli inglesi stessi? No, non è antisemitismo, ma l'esatto opposto, sostenere i tanti israeliani che tentano di scampare a una nakbah chiamata sionismo. Perché non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altro Israele, terzo e diverso, mentre schiva il pensiero unico stretto tra la complicità della sinistra e la miopia della destra.
So quello che leggerò, domani, sui vostri giornali. Ma nessuna autodifesa, nessuna esigenza di sicurezza. Tutto questo si chiama solo apartheid - e genocidio. Perché non importa che le politiche israeliane, tecnicamente, calzino oppure no al millimetro le definizioni delicatamente cesellate dal diritto internazionale, il suo aristocratico formalismo, la sua pretesa oggettività non sono che l'ennesimo collateralismo, qui, che asseconda e moltiplica la forza dei vincitori.
La benzina di questi aerei è la vostra neutralità, è il vostro silenzio, il suono di queste esplosioni.
Qualcuno si sentì berlinese, davanti a un altro Muro.
Quanti altri morti, per sentirvi cittadini di Gaza?
trad. Francesca Borri
Leggerò domani, sui vostri giornali, che a Gaza è finita la tregua.
Non era un assedio dunque, ma una forma di pace, quel campo di concentramento falciato dalla fame e dalla sete.
E da cosa dipende la differenza tra la pace e la guerra? Dalla ragioneria dei morti?
I bambini consumati dalla malnutrizione, a quale conto si addebitano?
Chi muore perché manca l'elettricità in sala operatoria muore di guerra o di pace?
Si chiama pace quando mancano i missili - ma come si chiama, quando manca tutto il resto?
E leggerò sui vostri giornali, domani, che tutto questo è solo un attacco preventivo, solo legittimo, inviolabile diritto di autodifesa.
La quarta potenza militare al mondo, i suoi muscoli nucleari contro razzi di latta, e cartapesta e disperazione. E mi sarà precisato naturalmente, che no, questo non è un attacco contro i civili - e d'altra parte, ma come potrebbe mai esserlo, se tre uomini che chiacchierano di Palestina, qui all'angolo della strada, sono per le leggi israeliane un nucleo di resistenza, e dunque un gruppo illegale, una forza combattente? - se nei documenti ufficiali siamo marchiati come entità nemica, e senza più il minimo argine etico, il cancro di Israele?
Se l'obiettivo è sradicare Hamas - tutto questo rafforza Hamas. Arrivate a bordo dei caccia a esportare la retorica della democrazia, a bordo dei caccia tornate poi a strangolare l'esercizio della democrazia - ma quale altra opzione rimane? Non lasciate che vi esploda addosso improvvisa.
Non è il fondamentalismo, a essere bombardato in questo momento, ma tutto quello che qui si oppone al fondamentalismo. Tutto quello che a questa ferocia indistinta non restituisce gratuito un odio uguale e contrario, ma una parola scalza di dialogo, la lucidità di ragionare il coraggio di disertare - non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altra Palestina, terza e diversa, mentre schiva missili stretta tra la complicità di Fatah e la miopia di Hamas. Stava per assassinarmi per autodifesa, ho dovuto assassinarlo per autodifesa - la racconteranno così, un giorno i sopravvissuti.
E leggerò sui vostri giornali, domani, che è impossibile qualsiasi processo di pace, gli israeliani, purtroppo, non hanno qualcuno con cui parlare. E effettivamente - e ma come potrebbero mai averlo, trincerati dietro otto metri di cemento di Muro? E soprattutto - perché mai dovrebbero averlo, se la Road Map è solo l'ennesima arma di distrazione di massa per l'opinione pubblica internazionale? Quattro pagine in cui a noi per esempio, si chiede di fermare gli attacchi terroristici, e in cambio, si dice, Israele non intraprenderà alcuna azione che possa minare la fiducia tra le parti, come - testuale - gli attacchi contro i civili. Assassinare civili non mina la fiducia, mina il diritto, è un crimine di guerra non una questione di cortesia.
E se Annapolis è un processo di pace, mentre l'unica mappa che procede sono qui intanto le terre confiscate, gli ulivi spianati le case demolite, gli insediamenti allargati - perché allora non è processo di pace la proposta saudita? La fine dell'occupazione, in cambio del riconoscimento da parte di tutti gli stati arabi. Possiamo avere se non altro un segno di reazione?
Qualcuno, lì, per caso ascolta, dall'altro lato del Muro?
Ma sto qui a raccontarvi vento. Perché leggerò solo un rigo domani, sui vostri giornali e solo domani, poi leggerò solo, ancora, l'indifferenza.
Ed è solo questo che sento, mentre gli F16 sorvolano la mia solitudine, verso centinaia di danni collaterali che io conosco nome a nome, vita a vita - solo una vertigine di infinito abbandono e smarrimento. Europei, americani e anche gli arabi - perché dove è finita la sovranità egiziana, al varco di Rafah, la morale egiziana, al sigillo di Rafah? - siamo semplicemente soli. Sfilate qui, delegazione dopo delegazione - e parlando, avrebbe detto Garcia Lorca, le parole restano nell'aria, come sugheri sull'acqua. Offrite aiuti umanitari, ma non siamo mendicanti, vogliamo dignità libertà, frontiere aperte, non chiediamo favori, rivendichiamo diritti. E invece arrivate, indignati e partecipi, domandate cosa potete fare per noi. Una scuola?, una clinica forse? delle borse di studio? E tentiamo ogni volta di convincervi - no, non la generosa solidarietà, insegnava Bobbio, solo la severa giustizia - sanzioni, sanzioni contro Israele. Ma rispondete - e neutrali ogni volta, e dunque partecipi dello squilibrio, partigiani dei vincitori - no, sarebbe antisemita.
Ma chi è più antisemita, chi ha viziato Israele passo a passo per sessant'anni, fino a sfigurarlo nel paese più pericoloso al mondo per gli ebrei, o chi lo avverte che un Muro marca un ghetto da entrambi i lati?
Rileggere Hannah Arendt è forse antisemita, oggi che siamo noi palestinesi la sua schiuma della terra, è antisemita tornare a illuminare le sue pagine sul potere e la violenza, sull'ultima razza soggetta al colonialismo britannico, che sarebbero stati infine gli inglesi stessi? No, non è antisemitismo, ma l'esatto opposto, sostenere i tanti israeliani che tentano di scampare a una nakbah chiamata sionismo. Perché non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altro Israele, terzo e diverso, mentre schiva il pensiero unico stretto tra la complicità della sinistra e la miopia della destra.
So quello che leggerò, domani, sui vostri giornali. Ma nessuna autodifesa, nessuna esigenza di sicurezza. Tutto questo si chiama solo apartheid - e genocidio. Perché non importa che le politiche israeliane, tecnicamente, calzino oppure no al millimetro le definizioni delicatamente cesellate dal diritto internazionale, il suo aristocratico formalismo, la sua pretesa oggettività non sono che l'ennesimo collateralismo, qui, che asseconda e moltiplica la forza dei vincitori.
La benzina di questi aerei è la vostra neutralità, è il vostro silenzio, il suono di queste esplosioni.
Qualcuno si sentì berlinese, davanti a un altro Muro.
Quanti altri morti, per sentirvi cittadini di Gaza?
trad. Francesca Borri
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